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Cortina D'Ampezzo info@giaretta.com

Cortina d'Ampezzo è un comune italiano di 6.113 abitanti della provincia di Belluno in Veneto. Cortina è il più grande e il più famoso dei 18 comuni che formano la Ladinia, è una rinomata ed esclusiva località turistica invernale, che ha ospitato le Olimpiadi invernali del 1956 e ancora oggi è teatro di numerosi eventi sportivi di importanza internazionale. Con la semplice denominazione di Ampezzo, il comune fece parte della provincia di Trento (all'epoca comprendente anche l'Alto Adige) fino al 1923, quando vi fu l'aggregazione del territorio alla provincia di Belluno. Durante il periodo austro-ungarico (1511 - 1918) il comune faceva ancora parte del Tirolo.
Cortina è situata al centro della Valle d'Ampezzo, che fu il bacino terminale di un antico ghiacciaio quaternario,ed è posizionata tra il Cadore (a sud) e la Val Pusteria (a nord), la Val d'Ansiei (a est) e l'Alto Agordino (a ovest). Con i suoi 254,4 km², Cortina d'Ampezzo il secondo comune più esteso del Veneto (dopo il capoluogo Venezia) ed è circondata a 360° dalle Dolomiti Ampezzane, facenti parte della sottosezione delle Dolomiti di Sesto, di Braies e d'Ampezzo, nelle Alpi Orientali, che conferiscono alla vallata una bellezza unica al mondo. Tra le montagne più famose si ricordano le Tofane a ovest, il Pomagagnon a nord, il Cristallo a nord-est, il Faloria e il Sorapiss a est, il Becco di Mezzodì, la Croda da Lago e il gruppo del Nuvolau a sud. Il territorio comunale varia d'altitudine da un minimo di 1.057 m a un massimo di 3.244 m, con un'escursione altimetrica pari a 2.187 m. Il centro urbano, invece, si trova all'incirca a 1.224 m d'altitudine.

File:Cortina dall'alto.jpg

Le formazioni geologiche presenti all'interno del Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo sono di chiara origine sedimentaria, risalenti ad un periodo compreso tra il Triassico medio (230 milioni di anni fa) e il Cretacico superiore (90 milioni di anni fa) dell'era mesozoica, costituite in parte da rocce propriamente dette, quali la dolomia e il calcare, in parte da formazioni meno compatte, quali la marna e l'argilla.
Le formazioni più antiche dell'area, localizzate nelle zone alla base dei massicci del Cristallo e delle Tofane, sono formate da argille e marne ricchissime di testimonianze fossili. Non essendo rocciose, sono invece ricoperte da uno spesso strato di fertile terriccio sul quale prospera la vegetazione alpina, ma proprio per lo stesso motivo esse sono soventemente soggette a fenomeni franosi. Il nucleo principale e più consistente delle Dolomiti è, tuttavia, la dolomia, originatasi nel Triassico superiore dalla sedimentazione di fanghi palustri e lagunari su piane ricoperte di alghe. La dolomia stratificata può raggiungere uno spessore di più di un chilometro, formando spettacolari pareti e audaci torri che svettano nel cielo (Tofana di Rozes, Cristallo, Piz Popena; torri di Fanes e di Travenanzes). Mentre le dolomie geologicamente più arcaiche affiorano in Cima Falzarego e Col dei Bos, i calcari grigi (sovrastanti le formazioni di dolomia nella stratigrafia delle montagne ampezzane) formano pareti assai suggestive, caratterizzate da una peculiare levigatezza e verticalità (Tofana di Mezzo, Col Bechéi), con vette che raggiungono l'altitudine massima di 3.244 m s.l.m. Proprio le aree calcaree, particolarmente soggette ad attività corrosiva, formano le bianche e piatte lastronate della Croda del Becco e della Piccola Croda da Lago. Unico nel suo genere nelle Dolomiti è, invece, il conglomerato dell'Oligocene - Miocene, risalente a circa 20 milioni di anni fa, formatosi in epoca successiva alle fasi salienti dell'orogenesi alpina.
Tanto le formazioni dolomiche quanto quelle calcaree sono possono essere soggette a fenomeni di carsismo (fenomeno dei campi carreggiati), che genera complesse reti di grotte sotterranee fino ad una profondità massima di un chilometro (altopiano di Fosses, grotte sotto la Rozes e Cima Fanes). Una curiosità geomorfologica è, infine, la presenza di alcuni fori che bucano la roccia formando particolarissime figure ad anello, derivanti da fenomeni di erosione su sottili creste calcaree (due tipici esempi sono il Bus de Tofana e il Bus de r'Ancona).
La portata media delle piogge è di circa 1.100 mm all'anno; le precipitazioni massime si registrano nel periodo tardo-primaverile e primo estivo. Per questo motivo il momento migliore per ammirare sorgenti, ruscelli, torrenti, cascate e laghetti alpini è tra maggio e luglio, quando la portata idrica è al culmine, alimentata non solo dalle abbondanti piogge, bensì anche dal definitivo scioglimento delle nevi invernali. Le fonti del Rufiédo, del Felizón e del Boite rappresentano vere e proprie peculiarità idrologiche sul suolo ampezzano, essendo accomunate dalla derivazione da condotte sotterranee di tipo carsico: ma se le correnti sorgive del Boite sgorgano pacifiche e con un lento deflusso (salvo poi aumentare di portata e intensità di corrente, scivolando verso valle attraverso sinuosi meandri), le sorgenti del Rufiédo e del Felizón si distinguono per la violenza di fuoriuscita del getto e per l'eccezionale consistenza della portata idrica. I torrenti Boite e Fanes scorrono in alvei spaziosi e ricchi di vegetazione, andando a formare, sul proprio percorso, splendide cascatelle: le più spettacolari e suggestive sono certamente quelle del torrente Fanes, che si getta nelle profondità della forra del rio Travenanzes con una successione di tre balze, alta ciascuna 50 metri ca. Questo particolare scenario prende il nome di Gola di Fanes. A propria volta, il rio Travenanzes e il rio Felizón scorrono in profondissimi orridi naturali, scavati nella dolomia dal costante fluire delle loro acque nel corso dei secoli. Sulle rispettive forre esistono piccoli ed arditissimi ponti, utilizzati già nelle epoche più antiche come vie di comunicazione tra l'Ampezzo e le vicine località di Marebbe e Val Pusteria: "Ponte Alto" (in ladino: Ponte Outo) e "Ponte dei Cadorini" (in ladino: Ponte dei Cadorìs) sul Travenanzes, e "Ponte Felizón" sull'omonimo rio.
File:Gola di Fanes 2008.JPG File:Forra sul rio Travenanzes.JPG
Diffusi sono anche i ruscelli e i torrentelli che scorrono lungo le pendici rocciose dei monti e nei boschi, come la Ruoiba e il Ru dei Cavai. La quasi totalità delle acque del bacino idrografico della valle, comunque, risulta prima o poi affluire nel torrente Boite, il maggiore della zona per portata idrica e per lunghezza del corso (42 km complessivi). Dopo aver attraversato l'alto Cadore, infine, le acque dolomitiche del Boite si gettano come affluenti nel Piave.
Di modestissime dimensioni sono invece i laghetti alpini, a causa dell'accentuata acclività dei versanti e dell'alta permeabilità delle rocce dolomitiche. Vi sono, tuttavia, alcuni piccoli invasi lacustri, situati sia ad alte quote che a fondovalle, la cui formazione è stata resa possibile da un naturale processo d'impermeabilizzazione del fondo di alcune depressioni o dallo sbarramento artificiale di torrenti. Ad ogni modo, essi costituiscono dei biotipi di elevato interesse naturalistico. Piccoli ghiacciai di modeste superfici si nascondono invece nei recessi più freddi e ombrosi del Cristallo, delle Tofane e di altre vette ampezzane, a quote comprese tra i 2.800 e i 3.200 metri d'altitudine, talvolta sepolti sotto una spessa coltre di detriti. Benché in costante ritirata a causa del progressivo aumento della temperatura estiva e autunnale, continuano ancor oggi ad alimentare i torrenti e i ruscelli del fondovalle, garantendo all'Ampezzo un livello minimo di acqua anche in casi di scarsità o assenza di precipitazioni.
Il clima ampezzano è intermedio fra il oceanico, che è tipico della zona subalpina meno distante dall'Adriatico, ed il continentale, tipico delle vallate alpine più interne e riparate, con estati fresche ma brevi ed inverni assai lunghi e rigidi. Come già affermato, le precipitazioni annue si aggirano attorno ad una media di 1.100 mm d'acqua all'anno, con punte massime nei mesi estivi di giugno e luglio e minime nel mese di febbraio.Tra la fine di dicembre e i primi di gennaio di ogni anno, si registrano alcune delle temperature più basse d'Italia, in particolare all'altezza del passo Cimabanche, zona di confine tra le province di Belluno e Bolzano. Le mezze stagioni, invece, sono generalmente piuttosto umide e piovose, fredde e molto ventilate.
Secondo i dati raccolti nell'arco del trentennio 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a -2,5 °C, mentre quella del mese più caldo, luglio, è di +15,4 °C.

Le origini del nome

Alcuni esperti hanno ipotizzato che la parola "Cortina" possa derivare dal diminutivo di curtis (dal latino tardo, "corte"),che nell'Alto Medioevo indicava piccole unità territoriali facenti parte di un feudo, e comprendenti case e terre, alcune delle quali usufruibili liberamente dai paesani, altre invece proprietà private del signore. Ma "Cortina" poteva anche indicare una "piccola corte", cioè uno spazio delimitato da un muretto, utilizzato in passato per le funzioni religiose e come cimitero. Forse già in epoca romana poteva esistere un centro abitato in Ampezzo - ma non vi sono testimonianze certe a sostegno di questa tesi - ove sorgeva per l'appunto questa "cortina". Secondo lo studioso Mario Toller, anche Ampezzo trarrebbe le proprie origini dal latino: o dalla locuzione ad piceum, ossia "presso l'abete", o dalla parola amplitium (a sua volta derivante da amplus, "ampio"), cioè "luogo aperto e spazioso".Lorenza Russo, invece, ritiene che tale etimologia sia sorpassata e che sia piuttosto da ricercare più indietro nel tempo «risalendo a una radice prelatina amp-/amb- che designa piante selvatiche da cui si estrae un liquido atto alla fermentazione, dalla quale sia il nome italiano che le denominazioni atesine del lampone: ampomola (Val Lagarina), ampoma (Val di Sole) e ampomes (Val Gardena)». Da un punto di vista prettamente storico, la prima testimonianza del nome di questa località montana nonché della presenza in Ampezzo di una comunità stabile, risale a un antico documento notarile datato 15 giugno 1156, data secondo la quale due fratelli, Giovanni e Paganello, acquistarono un appezzamento di terra da un possidente trevigiano. Artroto, il notaio che stilò il rogito di compravendita, specificò che il nome del luogo in cui si trovavano tali terreni era Ampicium Cadubri, "Ampezzo del Cadore". La più antica testimonianza dell'accostamento di queste due deonominazioni, Curtina ampitii, si riscontra invece in un documento del 1317, oggi conservato nell'archivio della Regola Alta di Lareto.

Preistoria e antichità

I recenti ritrovamenti di una sepoltura primitiva a Mondevàl e della celebre mummia del Similaun (risalenti rispettivamente al VI e al IV-III millennio a.C.), fanno pensare che l'arco dolomitico e alpino orientale fosse abitato già in epoca molto antica da tribù di Paleoveneti. A partire dal VI-V secolo a.C., fu introdotta in tutto il Cadore la scrittura a caratteri etruschi. I Romani, che conquistarono la zona, sottomisero i popoli venetici, installandosi in diverse località (non si sa se anche nella vallata di Cortina), e dando il nome di Amplitium o Ampicium all'odierna Ampezzo.

Medioevo

Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, per otto secoli non si hanno più notizie dell'intera regione cadorina, di cui l'Ampezzo era ancora parte integrante. Si ritiene che, in questo lungo periodo, una parte delle popolazioni romano-venetiche stanziate nelle valli d'Isarco, della Rienza e della Drava, si rifugiò nelle valli poco antropizzate di Fassa, Badia, Gardena, Cordevole e Ampezzo, fuggendo dalle invasioni barbariche e dando così origine ai cosiddetti "ladini dolomitici".Ciò che è certo, è che all'epoca della calata dei Longobardi in Italia doveva già esistere una comunità nella Valle d'Ampezzo, poiché in data 572 d.C. sarebbe avvenuto un miracolo ad opera della Madonna in difesa degli ampezzani, che le chiesero protezione dalle razzie longobarde. Certamente, però, la dominazione longobarda fu fondamentale per la formazione delle Regole d'Ampezzo, comunità familiari che possedevano (e possiedono tuttora) il territorio collettivamente, acquistandolo per allodio. Ai Longobardi succedettero i Franchi di Carlo Magno, e in quest'epoca si vennero a delineare i confini linguistici della zona: a nord della dorsale alpina, nella regione occupata dai Bajuvari (o Bavaresi) si diffuse il tedesco, a sud rimase invece il latino tardo, che si differenziò poi in ladino e italiano. Sotto il regno di Berengario del Friuli, re d'Italia (X secolo), venne utilizzato per la prima volta il termine Cadubrum ("Cadore", dal nome che i Romani avevano dato alla popolazione che vi abitava, i Cadubri). Circa un secolo dopo, il Sacro Romano Imperatore Enrico IV concedette l'area cadorina e l'attuale Ampezzo al Patriarcato di Aquileia. Degno di nota è il castello di Botestagno (di cui oggi rimangono solo poche rovine), fortilizio medievale fatto costruire probabilmente nel 1077 dai patriarchi aquileiani su un preesistente appostamento ligneo d'età longobarda. Passato successivamente dal dominio friulano ai signori trevigiani da Camino, il Cadore ottenne nel 1235 un piccolo codice di norme, lo Statuto, che fu il primo ad essere comune a tutta la zona. Nel 1338 furono redatti gli Statuti cadorini, con la partecipazione di «Giovanni da Chiave, officiale d'Ampezzo»: essi garantivano agli abitanti di queste valli notevoli privilegi, che andarono aumentando ed evolvendosi nei secoli successivi. In pieno XVIII secolo (quando in Ampezzo sarà annullato per volontà di Giuseppe II), ad esempio, lo Statuto prevedeva, l'abolizione dell'odiato ius primae noctis, decretava l'uguaglianza di tutto il popolo davanti alle leggi comunitarie e la parità dei diritti tra uomini e donne - anche in seno alle istituzioni regoliere -, non riconosceva ai propri cittadini alcun titolo nobiliare (non vi erano dunque né nobili né servi della gleba), esentava dalla coscrizione militare, ridimensionava il potere del clero proibendo ai preti, tra l'altro, di raccogliere testamenti. Coinvolto nelle vicende economiche e politiche del tempo, essendo un importante collegamento tra il Sacro Romano Impero e l'Italia, il Cadore tornò nuovamente ad essere governato dagli aquileiani, per poi passare, nel 1420, alla Serenissima Repubblica di Venezia. Il rapporto con Venezia era sempre stato stretto, sia per la grossa affinità linguistica (in area altoatesina, infatti, si parlava già il tedesco, lingua sconosciuta alla maggioranza della popolazione cadorina), sia per i frequenti scambi commerciali: dalla pianura, il Cadore e l'Ampezzo importavano buona parte dei beni di consumo, frumento, vino, tessuti, utensili e quasi tutti gli arredi sacri per le chiese, mentre Venezia richiedeva in gran quantità il legname delle montagne, utilizzato per costruire le navi della sua leggendaria flotta militare e mercantile.

La guerra della Lega di Cambrai

Nel 1508 papa Giulio II organizzò una lega antiveneziana, nota come Lega di Cambrai, cui presero parte diversi Paesi, tra cui il Sacro Romano Impero. Il 22 febbraio di quello stesso anno, le truppe imperiali entrarono nella località cortinese di Alverà, aggirando il castello di Botestagno, nel quale i veneziani si erano asserragliati. I tedeschi continuarono la marcia verso sud, sconfiggendo un manipolo di cadorini fedeli alla Serenissima presso la chiusa di Venàs. Negli anni successivi la guerra procedette in un continuo andirivieni di truppe veneziane da sud e di lanzichenecchi tedeschi da nord. Il 18 ottobre 1511 le truppe imperiali espugnarono la rocca di Botestagno, assumendo del tutto il controllo dell'Ampezzo, e il 21 ottobre l'imperatore Massimiliano I si presentò di persona agli ampezzani richiedendo l'atto di sottomissione: essi fecero omaggio al nuovo sovrano e ottennero in cambio il mantenimento di tutti i privilegi - compresi quelli contemplati negli Statuti Cadorini - di cui la comunità aveva goduto sotto Venezia, oltre all'assicurazione che non sarebbero stati aggregati alla Pusteria. Terminava così la lunga e felice convivenza tra il Cadore e l'Ampezzo, e si compiva il distacco definitivo tra le due regioni.
 
La dominazione asburgica
 
Nel 1531 Cortina fu ufficialmente annessa all'arciducato del Tirolo. Proclamatosi Magnifica Comunità (di fatto repubblica indipendente) durante il XVII secolo, il paese fu nuovamente sottomesso all'autorità imperiale da Giuseppe II (1741-1790), il quale, come già detto, fece annullare tutti gli Statuti e le autonomie concessi agli ampezzani. Con lo scoppio della rivoluzione francese e l'ascesa dell'Impero francese, una colonna franco-italiana invase l'Ampezzo. Era il 31 agosto 1809. Il 28 febbraio dell'anno seguente Cortina e Dobbiaco vennero nuovamente riunite al Cadore. Questa situazione, tuttavia, non era destinata a durare: la disastrosa spedizione in Russia nel 1812 e la caduta di Napoleone Bonaparte, fecero sì che i due paesi alpini tornassero a far parte dell'Austria. L'Ampezzo si trovò anzi non più in zona di confine, bensì in pieno entroterra imperiale, giacché Vienna era riuscita ad annettersi tutti i territori che erano appartenuti alla decaduta Repubblica di Venezia (Trattato di Campoformio del 1797). Allo scoppio della grande rivoluzione europea del 1848, gli ampezzani scelsero di rimanere fedelissimi all'imperatore (a differenza dei restanti territori italiani, Cadore incluso, dove per mesi infuriarono violente sommosse popolari). Tale fedeltà fu presto premiata: quando l'intero Lombardo-Veneto fu pacificato, iniziò in Austria un lungo periodo di riforme, di cui l'Ampezzo poté beneficiare. Sul finire dell'Ottocento, Cortina conobbe il suo primo periodo d'oro: scoperta dalla nobiltà austro-tedesca e dall'alta borghesia inglese, francese e americana, grazie alla sua straordinaria bellezza divenne una nuova St. Moritz, frequentata come luogo di villeggiatura estiva e invernale. Nel 1907, ad esempio, Alberto I di Sassonia-Coburgo-Gotha, re del Belgio, si recò in villeggiatura in Ampezzo, innamorandosene.Fu un appassionato alpinista, e per molti anni continuò a frequentare questa località, dedicandosi al proprio sport preferito, ed eleggendola a meta turistica del gotha internazionale. I villeggianti invernali cominciarono a mettere gli sci ai piedi, scendendo per le piste (ancora non battute) in neve fresca. L'Ampezzo (che da sempre aveva rappresentato una delle più fiorenti comunità di quest'area alpina), si arricchì ulteriormente, a differenza del Cadore - in territorio italiano -, costretto a subire una forte emigrazione a causa della grandissima miseria. Cortina era internazionalmente conosciuta come "perla delle Dolomiti" e "regina delle Alpi".Tra il 1850 e il 1858, l'artigiano Silvestro Franceschi fece erigere il famoso campanile della chiesa parrocchiale, nel 1893 fu creata La Cooperativa, mentre i primi alberghi ampi e lussuosi, destinati ad accogliere ricchi villeggianti, cominciavano a caratterizzare il paesaggio della valle. Nel 1903 viene fondato lo Sci Club Cortina. La fortuna del paese, però, cessò di colpo: con l'attentato di Sarajevo all'arciduca ereditario d'Austria Francesco Ferdinando e alla moglie Sofia (28 giugno 1914), e il conseguente scoppio della Prima guerra mondiale, l'Ampezzo divenne uno dei teatri principali del conflitto più sanguinoso che il mondo avesse mai visto.
 
 

 

 
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